Se siamo così abituati a osservare il mondo dal nostro personalissimo angolo di visuale è perché questo soddisfa un profondo bisogno di razionalizzare l’esistente, renderlo plausibile e, perché no, rassicurante. Il mondo della geometria euclidea colloca ogni elemento nello spazio percepito eppure la scienza indica altre possibilità, la filosofia immagina altri mondi, la letteratura fantascientifica descrive altri orizzonti, l’arte ulteriori percezioni.
E’ all’interno di questo quadro che si muove Lia Stein che da tempo usa la sua macchina fotografica per oltrepassare i labili confini del descrittivo per andare alla ricerca di quanto ancora possa sorprenderci: per farlo libera la testa da ogni convenzione per avventurarsi nel campo aperto della creatività.
Osserva ambiti, luoghi, superfici e poi decide che quella prima indagine deve servirle per ritrovare un senso compiuto perché solo quando ripulisci il caos puoi intravedere un ordine e quindi far tornare tutto a posto. Il punto di partenza diventa così il vuoto, non quello assoluto però, ma l’ambito al cui interno le forme possano muoversi in piena libertà fino a ritrovarsi. Sono i colori a dare consistenza alle forme accompagnando gli sguardi verso prospettive inedite: è la circolarità di un vortice a definire il confronto fra il bianco da una parte e l’avvicendarsi di alterni cromatismi dall’altra.
Roberto Mutti